LA CORTE COSTITUZIONALE RIBADISCE CHE IL TENORE DI VITA GODUTO IN COSTANZA DI MATRIMONIO NON COSTITUISCE CRITERIO UNICO ED ESCLUSIVO PER LA CONCRETA COMMISURAZIONE DELL’ASSEGNO DIVORZILE.

       Con la pronuncia in esame (Corte Cost., 11 febbraio 2015, n. 11 - Pres. Criscuolo - Rel. Morelli) il Giudice delle Leggi è intervenuto sulla natura e sulle finalità dell’assegno divorzile, con particolare riferimento alla pretesa funzione di garanzia del tenore di vita goduto dal coniuge beneficiario in costanza di matrimonio.

       La questione era stata sollevata dal Tribunale di Firenze (Trib. Firenze, 22 maggio 2013, n. 239, ord., Rel. Palazzo), il quale, nel corso di un giudizio civile per scioglimento di matrimonio, aveva dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 5 L. 1 dicembre 1970 n. 898 per contrasto con gli articoli 2, 3 e 29 della Carta, reputando che, secondo l’interpretazione consolidatasi nel diritto vivente, l’assegno divorzile debba necessariamente far conseguire, in presenza di una disparità economica tra i coniugi, a quello più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

       La Corte Costituzionale, premessa l’ammissibilità della questione ne ha dichiarato l’infondatezza, meglio definendo il diritto vivente formatosi, in materia, presso il Giudice di legittimità; invero, il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non è l’unico parametro per commisurare l’assegno divorzile, anzi esso deve reputarsene soltanto come astratto limite massimo, che in concreto va poi bilanciato e adeguato secondo gli altri criteri previsti dalla norma, fra cui condizione e redditi dei coniugi, contributo personale ed economico da ciascuno fornito alla formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione, che agiscono tutti come fattori di moderazione della relativa somma, se del caso sino ad azzerarla.

Corte Costituzionale, 11 febbraio 2015 n. 11
Tribunale di Firenze, 22 maggio 2013, n. 239, ord.